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L’attrezzatura giusta, al momento giusto – e il piacere del volo

Chi va piano… vola sano.
È un vecchio adagio, ma mai come oggi sembra calzare a pennello per il mondo del volo libero. In un’epoca in cui ogni volo viene tracciato, pubblicato, commentato e confrontato, la scelta dell’attrezzatura è diventata una sorta di corsa silenziosa – e spesso pericolosa – verso prestazioni che, nella maggior parte dei casi, non portano né vantaggi reali né maggiore soddisfazione.

Parliamoci chiaro: c’è una tendenza, ormai diffusa in molti club, a fare il salto troppo in fretta. Passare da un’ala basica a una intermedia “pepata” dopo solo qualche stagione. Abbandonare l’imbrago scuola per uno integrale, “perché si va più comodi e si guadagna di più in planata”. Ma siamo sicuri che sia un guadagno reale?

La verità – e lo dicono i numeri, le statistiche e soprattutto l’esperienza sul campo – è che molti incidenti avvengono proprio in questa fase di transizione. Non perché i materiali non siano sicuri, ma perché non sono adatti a chi li utilizza. L’ala intermedia performante non perdona, l’imbrago sdraiato cambia completamente il feeling e la percezione del mezzo oltre a rendere le reazioni alle chiusure più pericolose. E il pilota, se non ha ancora interiorizzato automatismi e lucidità in aria, rischia di trovarsi in situazioni che non è in grado di gestire.

E allora perché succede?

Perché nei club, tra chiacchiere post-volo e social network, si parla troppo spesso solo di chilometrivelocitàquotacontest online. E troppo poco di piacere, di emozioni, di presenza mentale in volo. I nuovi piloti, immersi in questo clima di performance, finiscono per crederci davvero: che volare bene significhi volare lontano. Che chi vola localmente o “solo” in dinamica è meno bravo, meno degno. Che serve l’ala “seria”, l’imbrago da cross, gli strumenti da gara.

Ma c’è una grande verità che dovremmo ricordare più spesso:
non conosco nessuno che si è appassionato al parapendio perché voleva fare 200 chilometri.

Ci siamo innamorati del volo per la magia di decollare, per la poesia del galleggiare nell’aria, per la vista dall’alto, per la sensazione di libertà pura. E quelle emozioni non dipendono dall’attrezzatura, ma dallo stato mentale con cui si vola.

Volare con attrezzature semplici, adatte al proprio livello, permette di godersi davvero il volo. Permette di sbagliare senza conseguenze, di imparare con calma, di fare esperienza vera. E sì, anche di divertirsi di più. Perché quando non sei al limite, puoi rilassarti. Guardarti intorno. Ascoltare il vento. Giocare con l’aria.

Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno. Non al club, non ai contest, non agli amici. Il volo non è una missione, è un piacere. E il volo libero lo è soprattutto quando non ci costringe dentro schemi di performance, quando ci concede di essere presenti, leggeri, in sintonia con noi stessi e con l’aria.

Chi è davvero esperto lo sa: si può volare per anni con l’attrezzatura scuola e continuare a migliorare. Perché il vero miglioramento non viene dal mezzo, ma dalla testa. E ogni cambiamento anticipato, ogni passaggio forzato a un livello più alto, è solo un rischio in più. Rischio di spaventarsi, di farsi male, di perdere fiducia. E a quel punto, il volo non è più libero. È una gabbia.

Quindi: godiamoci il volo. Con l’attrezzatura giusta per noi, non per gli altri. Con la consapevolezza che il piacere sta nel volare, non nel raccontarlo. E che la distanza più grande che possiamo coprire… è quella tra la mente e il cuore. Quando volano insieme, allora sì, che siamo piloti.

Buon volo – davvero.

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